Diciamocela tutta: il nuovo cool è la periferia. I nuovi centri di ritrovo, coworking ed artisti emergenti pullulano nei confini urbani. Ed è proprio per questo che mi incuriosivano molto le Conferenze del Tedx del Politecnico e ho deciso di andare ad ascoltarle.

Anche perché il focus della discussione era la ridiscussione delle le priorità dell’amministrazione comunale, in quanto a politiche sociali per la coesione cittadina. E, vivendo a Milano, essendo, magari per poco, ancora un under 30, volevo capirci qualcosa. Tuffarmi nelle domande, cercar di percorrere le risposte. Chissà che questa discussione possa essere un ragionamento utile anche ad altre Città, ad altre Periferie… Sta a voi valutarlo!

Ha senso, per esempio, parlare delle scuole di quartiere come “nuovi hub per le iniziative culturali”, come dice Gabriele Pasqui, delegato alle politiche sociali del Politecnico. Sì, quando si vuole pensare a soluzioni alla portata di mano per poter riconnettere e dare un’identità alle mura cittadine. La partecipazione attiva crea e riqualifica i punti di ritrovo, pensiamo ai vari Mare Culturale Urbano, al Centro Culturale Cascina e le social streets come NoLo o il Quartiere Bovisa. E questo è senza dubbio un interessante punto di partenza.

Fra gli interventi immancabile quello dell’Assessore alle politiche del lavoro del Comune di Milano, Cristina Tajani, che ha centrato la sua riflessione sulla storica identificazione dei quartieri periferici come i rifugi degli operai delle catene di montaggio, cercando però di individuare nella digitalizzazione dell’economia una grandissima opportunità di cambiamento e ristrutturazione. Perché? Beh, le nuove generazioni hanno sgomitato per fare buon uso del digitale: dalla sharing economy, il fablab Polifactory della stessa università, i maker spaces che creano nuovo commercio ed attività sociali. Tutto ciò porta ad una riqualificazione che fa risorgere contesti che si credevano impossibili da cambiare. Molto interessante la chiave proposta: allontanarsi dall’idea che rigenerazione sia uguale alla costruzione dei grandi centri commerciali. E’ stata rimessa a nuovo l’ex Ansaldo ed è stato creato il BASE di via Tortona. Entrambi oggi rappresentano l’incredibile successo di questa formula di recupero per fini culturali. Vengono organizzate mostre, eventi e spazi di creatività. In effetti è un interessante modello, sicuramente di spessore Europeo. Soprattutto, un modello esportabile.
Ora il nuovo modello emergente e vincente, anche in quanto a sostenibilità economica per l’amministrazione locale, è quello dei mercati comunali coperti (i vari Lorenteggio, Wagner, Morsenchio…), dove lo spazio commerciale si affianca a quello dello street food per favorire l’aggregazione e gli eventi culturali.

Un altro intervento di grande spessore è stato quello del grande autore e regista Elio de Capitani, che si è soffermato sul rapporto tra attori e pubblico nel mondo teatrale. “Le storie importanti sono raccontate nelle periferie della città”, ci dice. Shakespeare metteva a in scena opere che rappresentavano il suo stesso pubblico pieno di pregiudizi, razzista e misogino.
Le periferie potrebbero rappresentare l’oggetto di un tipo di opera d’arte come Angels in America, spettacolo che sottolinea la paura del progresso, del mutamento demografico e del mix delle etnie. Secondo il regista, il teatro in Italia può affermarsi come antidoto per resistere a ciò che sta succedendo nel mondo. Cercare di fermare il progresso o il cambiamento è il paradosso dei nostri giorni, fa parte degli slogan dei partiti più votati e tutto ciò dovrebbe spingerci ad una riflessione profonda.


Ci siamo portati a casa molte riflessioni, forse una conclusione: la periferia deve vivere un nuovo inizio, rappresentando non più il lontano, il degrado, l’abbandonato, ma una vera e propria spinta nuova per la rinascita urbana e la partecipazione cittadina.

by Francesco Ferri

* nella foto Cristina Tajani

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