European Games 2015: a Baku soffia il vento del cambiamento <br><small>by Tiziana Sforza</small>


Cetrioli e pomodori.
Fino a qualche decennio fa, questi erano i prodotti di punta dell’economia agricola azerbajana, tanto da esserne considerata il principale fornitore per tutta l’ex Unione Sovietica.
Gas, petrolio e giacimenti offshore nel mar Caspio sono l’altro elemento rappresentativo dell’economia azerbajana.
Ma per il futuro si punta a ben altro: cultura, turismo e organizzazione di grandi eventi per cambiare il volto dell’Azerbajan e renderlo meta di turismo e maggiori investimenti stranieri.
E in tema di grandi eventi, nel giugno 2015 Baku ospiterà i primi “European Games” della storia.
Un tributo alla perseveranza e alla motivazione dimostrate, dicono le fonti ufficiali. Un contentino per aver escluso l’Azerbajan per ben due volte dalla corsa per ospitare le Olimpiadi (2016 e 2020), dicono i maligni.

Il countdown è iniziato in pompa magna: la campagna di comunicazione “Baku2015 – One year to go” si è aperta ufficialmente l’11 giugno con una grande festa sul Bulvar della città, con tanto di fuochi pirotecnici e Flame Tower illuminate da migliaia di led che riproponevano il logo dei giochi multicolore.
Dal 12 al 28 giugno 2015 oltre 6000 atleti provenienti da 49 nazioni olimpiche del vecchio continente si sfideranno in 19 discipline sportive. Organizzati dai Comitati Olimpici Europei, gli European Games si disputeranno ogni quattro anni. Venti strutture ospiteranno le gare di Baku2015: “Baku é stata scelta anche per la flessibilità che ha dimostrato - spiega Azad Rahimov, ministro delle gioventù e dello sport – riutilizzeremo e adattaremo alle discipline sportive molte delle strutture già esistenti come ad esempio la Christal Hall, che nel 2012 ha ospitato l’Eurovision Song Contest”.

Gli European Games sono una grande opportunità e un banco di prova per il Paese, che vuole costruirsi
una nuova identità agli occhi del mondo: da produttore di petrolio e gas naturale a meta di turismo glamour, da ex paese dell’Unione Sovietica a ponte fra Europa e Asia, fra Cristianesimo e Islam.
In effetti, se non fosse per qualche moschea qua e là nel centro storico medievale, quando si passeggia per Baku sembra di essere in una elegante capitale europea.
Dolce & Gabbana, Pal Zileri, Fendi, Etro, Bulgari, Tiffany&Co, Benetton, Sisley, Apple… sono solo alcune delle boutique di lusso che si susseguono nel centralissimo tratto di strada compreso fra gli hotel Hilton e Four Seasons.
I giovani fanno jogging o sfrecciano sui rollerblade sul Bulvar, il lungo viale alberato che costeggia il mar Caspio. Alle loro spalle si delinea uno skyline fatto di grattacieli e palazzi dalle architetture di fine secolo totalmente ispirate a quelle italiane e francesi.


Lo Heyder Alyev Cultural Centre, progettato dall’archistar Zaha Hadid, si staglia imponente lungo il percorso che conduce all’aeroporto. Ospita esposizioni di vari artisti contemporanei, mostre fotografiche, nonché una mostra permanente multimediale sulla storia recente dell’Azerbajan e della famiglia Aliyev, in chiave decisamente agiografia e celebrativa.
Di fronte c’è un grande cantiere, uno dei tanti che costellano questa città in continua espansione. Grattacieli, centri commerciali, abitazioni, uffici e strutture sportive si innalzano rapidamente sotto gli occhi dei cittadini.


Il modello di crescita di Baku, l’edonismo della vita cittadina, i locali alla moda, l’atmosfera spensierata, lo skyline di grattacieli – fra cui emergono le Flame Tower – potrebbe ricordare  quasi Dubai. Ma questo parallelismo che vari giornalisti hanno fatto in passato viene negato da chi vive qui, che ritiene il modello dell’emirato arabo più superficiale, più effimero e legato al lusso. La crescita di Baku invece è basata sulla sostanza, qui ci sono presupposti solidi e i giovani sono i primi a godere delle opportunità legate a questa crescita vertiginosa.
“E’ molto importante per un Paese giovane come il nostro, con 21 anni di indipendenza, occupare questa posizione nel mondo e fare parte dell’Europa. Moltissime persone, in particolare i giovani, impareranno e cresceranno molto grazie ai Giochi. Per loro, per il loro futuro, sarà un’esperienza fantastica”, aggiunge il ministro Azad Rahimov.
E se è vero che il nome della capitale azerbajana deriva dalla parola Badu-kube (“città dove soffia il vento”), con gli European Games il vento del cambiamento sta soffiando ancora più forte.
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Peter Greenaway e il futuro del cinema <br><small>by Marco Testoni</small>

Dove sono i “visionari” del cinema del nuovo millennio? Probabilmente nascosti in qualche angolo digitale della rete o forse proiettati in qualche area della creatività ancora inesplorata. Eppure ci sono stati momenti della storia del cinema dove il loro linguaggio ha avuto punte di inaspettata popolarità, cito solo qualche nome: Luis Buñuel, Federico Fellini, Stanley Kubrik, Terry Gilliam, Alejandro Jodorowsky. Ma oggi quale strade percorre la nuova estetica visionaria?

Lo scorso Giugno ho partecipato come musicista al MashRome Film Festival 2014 di Roma dove ho avuto modo ascoltare la lectio magistralis di Peter Greenaway (I misteri del giardino di Compton House, I racconti del cuscino), un regista che appunto ha fatto dell’elemento visionario il cardine della propria ricerca artistica e che di questa scuola è sicuramente l’erede più attivo e moderno.  
Partendo dal presupposto che “il cinema come lo si intende comunemente è morto nel 1983 con l’invenzione del telecomando”, Greenaway ha voluto spostare l’attenzione sull’educazione visiva all’immagine citando una frase di Rembrandt: “solo perché hai occhi non vuol dire che puoi vedere”.
E approfondendo questi concetti molto legati al potere decisionale che ha acquisito oggi il fruitore di cinema, non più figura passiva chiusa in una sala buia ma soggetto in grado di reinventarsi un proprio palinsesto personale e non solo, il regista inglese ha provato a delineare una serie di scenari futuri e di nuove possibilità che ci attendono. 

Greenaway immagina una rivoluzione audiovisiva in cui il cinema sia libero dalla tirannia dell’inquadratura, del testo, degli attori e delle telecamere. E che comporti una totale ridiscussione degli spazi scenici dove si svolge la visione di un film. Greenaway ha già sperimentato in più situazioni un modo totalmente differente di fare cinema: un numero di schermi di diversa forma e dimensione che permettano una nuova esperienza sensoriale attraverso la multivisione di immagini multiple e quindi nuove tecniche di ripresa ed una nuova prospettiva del linguaggio filmico.

 Passando alla pratica il regista ha quindi mostrato alcuni dei suoi lavori più sperimentali realizzati di recente: “The Last Supper” (una rivisitazione digitale de L’Ultima Cena di Leonardo), “Loop Suitcase” un divertissement costruito attorno alla tecnica del loop audiovideo ed infine due produzioni italiane: “Venaria Reali” ed il meraviglioso  “Triennale” in cui vengono messe in campo tutte le possibilità delle immagini multiple e della visione splittata su più schermi con differenti fonti sonore. Una produzione di particolare spettacolarità in cui, non poteva non cogliermi sul vivo, l’interazione superba tra l’estetica di Greenaway e la musica scritta da Marco Robino.
Alla fine dell’incontro è stato chiaro in tutta la sua evidenza che il potere dell’immaginazione non smetterà mai di stupirci. La capacità di guardare oltre e di superare preconcetti reinventando la realtà è forse il principale ruolo dell’arte visionaria.  Confidando, come dice lo stesso Greenaway, in un futuro dove “quello che accadrà sarà molto più entusiasmante di ciò che abbiamo visto finora”.

Per approfondire:




Esce Incantata dal cielo<br> la poesia di Serena Finatti<br> <small>by Margot Frank</small>


Se il buongiorno si vede dal mattino, la giornata musicale dei fan di Serena Finatti già si preannuncia decisamente felice. E’ appena uscito, infatti, su iTunes Incantata dal cielo, il singolo di Serena più che mai, cd di prossima uscita per Folkest Dischi. Il brano esce in abbinata con un bel videoclip già online su Youtube e realizzato da Chiara Cardinali.

Chi conosce la voce di Serena è perché l’ha incontrata lungo le musiche della sua lunga collaborazione con Deja. Un progetto musicale che già aveva fatto conoscere questa cantautrice raffinata e delicatissima. Che conferma tutti i suoi colori e le sue sfumature: musicista a tutto tondo, raffinata nei colori e negli arrangiamenti e artista capace di grande poesia. Una poesia che, in questo brano, Serena mette al servizio di uno dei temi a lei più cari: l’amore per la Natura e per qualsiasi forma di vita. Nei suoi versi a parlarci è un seme, piccolo piccolo che ci chiede aiuto: una vita non ancora sbocciata, o forse un’anima in cerca di un posto nel   mondo, che con la sua voce minuta chiede al Vento di essere portata al sicuro, tra i   rami di un albero, dove potrà ripararsi dal freddo in attesa della primavera, e godere   di quei rari raggi di Sole che anche l’inverno sa donare di quando in quando. Il messaggio, rivolto al vento, è ovviamente destinato a tutti noi che, bene o male, abbiamo in mano il destino di chi ci circonda. Un invito a fermarsi, anche solo un attimo, per prestare attenzione alle piccole voci che ci chiedono soccorso, ad accoglierle e a raccoglierle.  Nel video questa poesia diventa metamorfosi, simbolica trasformazione della protagonista femminile in albero. Un video in cui assistiamo, messe in parallelo, ad una Serena gioiosa, che corre fra i prati, da una parte. E ad una donna le cui membra, i cui capelli diventano rami e foglie, dall’altra. Serena Finatti ci racconta così la sua voglia profonda di tornare alla natura, quella da cui veniamo e a cui inevitabilmente torniamo. E noi ci facciamo attraversare da questa delicatissima poesia. E ci ritroviamo a canticchiare quella melodia “Portami tra i rami di quell'albero/ che frutti non ha…”.
A questo punto aspettiamo l'uscita del cd.
Creatività e fantasia del fai da te e dell'arte del riuso<br><small> by Barbara Bianchi</small>


Vegetariani, vegani, crudisti. Appassionati della pasta madre, innamorati della cucina. Esperti di decaupage e bricolage. La passione per il fai da te e per i prodotti naturali sembra essere condita di fantasia proprio dalla crisi dilagante. Che ci fa riscoprire detersivi fatti in casa, arte del riciclo e del recupero in generale. La selva delle proposte dalla rete è oramai dilagante.
E noi abbiamo voluto fare una cernita delle più creative, di quelle cioè in cui quella di arrangiarsi diventa veramente un’arte.

L’antesignana del fai da te risparmiando, in Italia perlomeno, è senza dubbio Stefania Rossini che, divenuta celebre con Vivere in 5 con 5 euro al giorno firma da qualche anno uno splendido blog, Natural-mente-Stefy in cui, oltre a dispensare consigli sul modo migliore per risparmiare utilizzando prodotti quanto più naturali possibili, recensisce anche blog e siti che come lei affrontano questi temi.



E’ proprio da Stefania che abbiamo scoperto una pagina Facebook veramente geniale: si tratta di Te lo regalo se vieni a prendertelo. Esiste un gruppo per ogni regione. L’idea è quella dell’offrire agli oggetti una nuova vita. Hai un mobile in buono stato di cui vuoi disfarti? Perché buttarlo banalmente via? Un’operazione che porta via tempo, comporta fatica. Magari serve a qualcuno…. E quella camicetta che non ti entra più, è così carina. Magari può far bella mostra di sé nell’armadio di una bella ragazza.  I prodotti più gettonati sono sicuramente gli abiti, in particolare quelli per bambini. Ma anche le scarpe, la bigiotteria. E i mobili. C’è anche chi da via cucine intere, comprese di elettrodomestici che, sinceramente, buttati all’isola ecologica sarebbero un vero spreco. E che spesso vendere non è facilissimo. Se, invece, vogliamo fare un tuffo nel riciclo creativo, i più creativi e spiritosi sono senza dubbio i blogger di Reciclagem, jardinagem, decoração: le loro idee sono disponibili sul Blog, appunto, e soprattutto sulla pagina Facebook. E così floppy disk si trasformano in cornici per foto o portapenne e pallet in divani. Un mondo affascinantissimo che diverte la mente come lo sguardo. Una creatività che, questa la particolarità e il pregio, stimola la fantasia e ti fa reinventare gli spazi attorno a te, te li fa ripensare e colorare di inventiva e ironia. Tutti ingredienti molto salutari.

Barbara Bianchi

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