Intervista a Daniel Restrepo, voce e mente dei Fats0<br><small> by Francesco Ferri</small>


L'occasione è quella della prima uscita discografica in Europa di un loro album, On Tape. Loro sono i fatsO e il loro leader è Daniel Restrepo che abbiamo incontrato online fra un'email e una chiacchierata via skype.
Quello dei fatsO è un sound totalmente fuori dagli schemi: dal sapore blues con numerose incursioni nel jazz e nell’hard rock. Che nasce a Bogotà, ma non ricorda per nulla i cliché attorno alla Colombia e all'America Latina. Per questo ci è piaciuto e ci è sembrato il modo migliore per assaporare i colori e i profumi della nuova scena musicale colombiana.
L’album del loro esordio europeo si intitola On Tape: nove tracce tutte rigorosamente in inglese, un extra track in spagnolo, per un progetto musicale che mostra chiari i riferimenti a personaggi come come Tom Waits, Joe Cocker o Leonard Cohen, tutti filtrati dal clima artistico di una grande Metropoli quale è Bogotà.
Parlaci del vostro percorso musicale.
Ho vissuto fino ai miei 9 anni negli Stati Uniti. La mia prima lingua è sicuramente l'inglese.
Mio padre mi ha trasmesso la passione per la musica. Sono cresciuto circondato da vinili e cd di rock classico, pop, blues e jazz nordamericano e inglese. Il resto della band invece arriva al jazz passando per la musica latino americana.

Come vi siete avvicinati al blues?
Io sono il compositore della band. Mi sono avvicinato al blues conoscendo i Seis Peatones, una band blues rock di Bogotà, con i quali ho avuto il piacere di suonare in delle jam session. Ho imparato con il tempo a mescolare il blues e il rock classico con la mia passione per i fiati e le percussioni.

Come e dove vi siete conosciuti?
Cesar Morales e io ci siamo conosciuti quando da giovanissimi studiavamo al conservatorio. A quei tempi ci divertivamo a fare jam session a base di jazz. Ci siamo persi e ritrovati dopo circa 8 anni. Con Daniel Linero, il direttore della sezione fiati,  invece ci siamo conosciuti suonando insieme con i Los locos del ritmo. Diventammo molto amici così lo invitai a registrare le prime versioni delle mie canzoni. Quando decisi di partecipare ad un concorso jazz ricontattai Cesar Morale mentre Daniel Linero pensò a reclutare musicisti per la sezione fiati.
Quali sono i messaggi che volete trasmettere con il vostro album On Tape?
Nella nostra musica c'è sicuramente molta critica e stanchezza nei confronti dei potenti che non sembrano avere alcuna intenzione di risolvere il disordine e l'ingiustizia che hanno creato, e contro l'egoismo che impedisce il cambiamento.

Come trasmettete l’influenza delle vostre radici nelle vostre canzoni?
Questa non è mai stata una preoccupazione. Quando scrivo mi preoccupo delle sonorità e dei testi. I generi musicali servono solo per le descrizioni di iTunes. Le nostre influenze e le nostre radici escono fuori naturalmente dalla nostra musica.

Come vi siete inseriti all’interno del contesto culturale bogotano e colombiano?
Qui a Bogotà si ascolta di tutto. Noi facciamo parte del panorama musicale alternativo. L’inglese non è assolutamente un limite: la cultura inglese ha ormai influenzato il paese, dalla tv alla radio, fino alla moda.

Bogotà vi sembra una città aperta nei confronti del vostro genere musicale?
Il blues piace, grazie anche alla Colombian Blue Society che ha raccolto attorno a lei una cerchia di amici e fans che lo apprezzano. La nostra formazione ci rende una band con una sonorità unica e quindi i rappresentanti del blues qui a Bogotà.

Cosa ne pensate di come la Colombia si approcci nei confronti dell’arte e, in particolare, del vostro genere musicale?
La Colombia si è evoluta musicalmente nel giro degli ultimi dieci anni grazie anche al supporto del Comune di Bogotà per lo sviluppo di tutte le arti. Il blues è solo una parte dell’ampio panorama musicale, ma allo stesso tempo è uno dei settori di nicchia che ha maggiore successo.
Ho notato che avete una certa attenzione al look quando vi esibite...
Per noi è importantissima la messa in scena. Un concerto deve coinvolgere tutti i sensi, non solo l’udito. Così abbiamo deciso di vestirci in modo alternativo. Amiamo il look alla Humphrey Bogart e la musica dei quei tempi in cui si indossava la cravatta sul palco.

Quali sono i background musicali e artistici dei musicisti di Fast0?
Siamo tutti nati in Colombia.
Io ho iniziato all’età di 13 anni come cantante di una rock band e ho continuato, imbracciando il basso elettrico, facendo musica con un power trio per parecchi anni.
Daniel Linero viene da una famiglia di musicisti. Suo padre, poeta e musicista, lo ha educato ad ogni genere musicale fin da bambino. Ha iniziato a suonare il clarinetto nelle bande municipali assaporando il repertorio latinoamericano. Con il tempo e iniziando a suonare il sassofono si è avvicinato al jazz.
Julio Panadero è di un piccolo paese vicino Bogotà. Ha iniziato da piccolo suonando nelle bande municipali. Lo studio al conservatorio lo ha fatto diventare uno dei clarinettisti più eruditi del paese.
Daniel Bahamon viene invece dalla piccola Ibaguè dove la musica, dal jazz al rock, senza dimenticare le musiche tradizionali, è diventata la colonna potante della società. Ha iniziato la sua carriera come chitarrista rock per poi trasformarsi sassofonista jazz e di musiche tradizionali delle coste della Colombia.
Pablo Beltran è cresciuto a Bogotà ascoltando i grandi del jazz e studiando il genere e i grandi rappresentanti del sassofono tenore.
Cesar Morales viene da Santander. Ha iniziato a suonare a scuola in un’orchestra con la quale interpretava i grandi successi della musica latinoamericana. Al conservatorio scoprì il jazz.

Sentite l’appoggio del pubblico e delle radio locali?
Le radio locali che si occupano di musica alternativa ci supportano molto. La nostra proposta musicale ha una sonorità unica nel nostro paese e il pubblico ci ha subito accolti con entusiasmo. Qualcuno ha persino creduto non fossimo colombiani.

Siete stati agevolati oppure avete riscontrato problemi nell’uscire allo scoperto?
Non è stato complicato, nonostante la nostra musica sia piuttosto lontana dal mainstream. La gente non ha smesso di ascoltare la musica latina e i suoi derivati, ma alcuni festival, specie quelli jazz, ci hanno accolti a braccia aperte.

by Francesco Ferri
(editing e traduzione Simona Albertini)

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