Il Vangelo secondo Mattei:<br> senza errori di battitura <br><small> by Simona Albertini</small>


Il Vangelo secondo Mattei. No, non è un errore di battitura e nemmeno un remake del capolavoro cinematografico di Pier Paolo Pasolini. Non è un film sul petrolio e nemmeno un film sul cinema anche se i protagonisti di questa storia sono un regista e il suo aiuto impegnati nella realizzazione di un’inchiesta sulle trivellazioni in Basilicata. Insomma, di che si tratta?
È l’opera prima di Antonio Andrisani e Pascal Zullino, registi e attori, girata interamente a Matera e capace di mettere insieme dramma e ironia in modo inaspettato. Il dramma del fallimento, dell’ingiustizia e della sopraffazione. E l’ironia di personaggi buffi, a volte un po’ ridicoli, circondati però da un velo di malinconia e tenerezza. La sensazione non è quella di stare davanti alla solita commedia all’italiana.
Franco Gravela (un meraviglioso Flavio Bucci), che da ragazzino aveva partecipato come comparsa nel film di Pasolini, viene scelto, più per ragioni di marketing che estetiche, dal regista Alberto Rizzo (Antonio Andrisani) e il suo aiuto Savino (Pascal Zullino) per interpretare il Gesù alternativo del loro Vangelo secondo Mattei, uno sgangherato film di inchiesta contro le trivellazioni in Basilicata che si intreccerà con la vita di Pier Paolo Pasolini, autore dell’incompiuto romanzo Petrolio e dell’opera cinematografica Il Vangelo secondo Mattei.
Tutti i personaggi, anche se in modo diverso, vivono un fallimento. Il Vangelo secondo Mattei è il film del riscatto sia per il mancato attore Franco Gravela, che per il regista Alberto Rizzo, giunto ai suoi 50 anni con il peso di un fallimento delle sue ambizioni artistiche. Ma il tema scottante delle trivellazioni e il rapporto con la terra cominciano a dar fastidio a qualcuno. Ed è così che entra in scena un pizzico di Noir.
Il Vangelo secondo Mattei è sicuramente un film che fa riflettere. Alla fine ti ritrovi a pensare che forse non ne sai così tanto dei giacimenti di petrolio in terra lucana e delle trivellazioni in Basilicata, che forse non se ne parla abbastanza e che sarebbe utile informarsi un po’ di più. E allo stesso modo ti ritrovi a pensare che non ne sai abbastanza nemmeno di Enrico Mattei, il Mattei del titolo, e dell’attentato di cui fu vittima nel ‘62.


by Simona Albertini
Cane sciolto: alla ricerca di Omar Pedrini....<br><small> by Alessandro Hellmann</small>


La vita di un musicista controverso e inafferrabile appesa ad un filo sulla soglia di una sala operatoria e quella di uno scrittore squattrinato in fuga dai suoi sogni infranti. Sono queste due vicende convergenti ad aprire l’interessante biografia di Omar Pedrini, pioniere del rock italiano (da solo e con i Timoria).
Cane sciolto è un libro scritto quasi come un copione cinematografico: c’è una posta in gioco, c’è un’indagine, c’è un inseguimento, c’è un incontro. Attraverso la composizione degli indizi e delle testimonianze raccolte e attraverso campionamenti di discorso diretto, lungo un itinerario mai scontato, Scarioni ci consegna una biografia che ha la freschezza di un dialogo e l’architettura di un romanzo. Il libro, arricchito da numerose foto inedite, si colloca anni luce lontano dall’editoria d’accatto che troppo spesso prolifera intorno all’universo musicale e conferma la coerenza è il fiuto di un editore che rifugge l’ovvio. Non fatevi intimorire dalla relativa corposità del volume: andrà giù come un bicchiere d’acqua e vi condurrà per mano in luoghi dove probabilmente non siete mai stati.

by Alessandro Hellmann
Intervista ad Ambra Pintore: il nostro Biella Festival Music Video <br><small> by Barbara Bianchi</small>


Biella Festival Music Video: anche quest’anno la redazione di Ginger Magazine ha voluto dire la sua offrendo una menzione speciale ad uno dei video finalisti di questa costola del Biella Festival che, quest’anno, giunge alla sua seconda edizione. Fra tutti ci ha colpito il lavoro di Ambra Pintore con il suo Sa este: un video a nostro avviso molto particolare per il perfetto connubio fra la qualità delle immagini e lo spessore artistico e musicale. Vi suggeriamo intanto di gustarvi questo bellissimo video direttamente su Youtube. Intanto noi abbiamo fatto alcune domande alla sua autrice… Ecco le risposte:

Iniziamo proprio con il videoclip di Sa Este che ti ha fatto guadagnare una menzione speciale al Biella Festival Music Video 2017 Raccontaci da quale idea è nato?
Sa este è il brano che, per musica e testo, sintetizzava meglio le idee generali del mio nuovo disco Terre del ritorno. Un ritmo coinvolgente e quasi ipnotico, evocativo di mondi musicali che si fondono abbattendo frontiere e paletti dettati dalle etichette. Una voce di donna che afferma la propria libertà di “essere” contro il pregiudizio di chi, nascosto da una maschera, si uniforma al pensiero comune e perde di vista il particolare e l’unicità che è in noi. Tutto era pronto, mancava la storia per immagini. Volevo un regista a cui affidare ad occhi chiusi questo brano, in totale autonomia e creatività: Filippo Martinez ha esaudito questo desiderio e la sua visione è tutta nel videoclip che abbiamo portato a Biella.

La canzone sarda ha una lunga tradizione di artisti e interpreti, ce n'è qualcuno al quale sei particolarmente legata?
Prima di approdare alla musica da interprete sono stata immersa nella cultura sarda a più livelli. Sono figlia di un appassionato di Cantos a chiterra e poesia improvvisata, generi non semplicissimi da apprezzare da piccoli! Ho studiato tanti anni con la Compagnia Teatro Actores Alidos seguendo stage sulla canzone e tradizione sarda. Infine ho per più di 10 anni condotto la trasmissione di musica e danza folkloristica Sardegna Canta. E soprattutto grazie a questa ultima esperienza ho conosciuto tutti gli interpreti viventi di tutti i generi tradizionali e non. Li ho presentati, intervistati, studiati, ascoltati dal vivo, in playback… interagito con loro dietro le quinte. Sono cresciuta con loro. Ho grande stima di chi è riuscito ad esprimersi con la propria musica in maniera originale, pur andando contro le mode gradite al pubblico. Sono diversi i nomi che mi vengono in mente e citarne alcuni toglierebbe merito agli altri. Loro sono un esempio di coerenza, professionalità e ingegno. Tutti gli altri mi hanno insegnato, al contrario, a capire esattamente dove non volevo andare. Osservare e ascoltare così da vicino è stata l’esperienza più formativa alla scrittura delle mie canzoni. 

La produzione artistica del tuo album è di alto livello qualitativo, parlaci dei tuoi musicisti e degli artisti che hanno collaborato al tuo disco.
Anzitutto ci sono Giorgio Rizzi e Roberto Scala, già autori del mio primo disco, curatori anche degli arrangiamenti oltre che parte della mia formazione dal vivo insieme a Federico Valenti e Diego Milia. Sono stati i primi a spronarmi a scrivere i testi del nuovo disco e comunque a credere in questo lavoro che è nato dalle nostre idee a volte pensate in solitudine e poi condivise e rivisitate insieme con maniacale ossessione!! 10 brani e 10 mondi diversi avevano bisogno di essere animati da chi meglio poteva capirli. Ecco perché tante collaborazioni intense: con i poeti Michele Pio Ledda e Anna Cristina Serra; con Pino Martini (autore di alcuni pezzi); con i musicisti che hanno suonato nel disco, la maggior parte dei quali ha prima condiviso l’idea e poi dato il proprio apporto creativo. C’è il decano delle launeddas in Sardegna Luigi Lai e il curdo Mubin Dunen, la violoncellista piemontese Simona Colonna, i fiati magistrali di Marco Argiolas e il bandoneon di Fabio Furia. E tanti altri… E dulcis in fundo c’è stato un lavoro sensibile e accurato del nostro produttore Michele Palmas che ha anche curato i suoni, ma soprattutto ha fatto sì che le nostre idee e interpretazioni fossero coerenti nel progetto.

Il tuo disco comunica una grande libertà e ricchezza musicale che sembra riferirsi ai suoni e alla strumentazione di tutta l'area mediterranea senza però, se occorre, disdegnare l'elettronica. Ci sono poi naturalmente molte canzoni in sardo, ma anche in siciliano ed in inglese. Quali sono le ragioni di queste scelte artistiche?
Io mi sento apolide e ho una storia familiare di viaggi, abbandoni, ritorni. Ho capito in questi ultimi anni che mi sento a casa in diverse case. Ho un forte senso della famiglia e anche del radicamento, ma sono permeabile a tutto il resto. Mi affascina la musica popolare ed etnica perché è diretta, poco sofisticata. Si fa carico delle emozioni che racconta e le porta fuori senza sofismi. Non ha bisogno di mostrare il diploma in musica perché vive di racconti tramandati e inconsapevolmente tuoi. Non sono una parlante attiva di tutte le lingue che uso nel disco, ma senza di esse i miei brani avrebbero un altro colore. Ogni brano è un affresco, una storia ambientata in luoghi e tempi in cui i protagonisti cantano con la loro variante linguistica e si muovono in un ambiente musicale che li avvolge e aiuta a costruire il dipinto finale. Mi auguro che chi ascolterà questi brani possa crearsi la propria immagine, il proprio viaggio grazie ai suoni delle parole e della musica. 

La tua attività non si limita a quella di musicista perché ti occupi anche di televisione e giornalismo. L'essere così eclettica può creare difficoltà nel farsi comprendere?
Quando sono sul palcoscenico a cantare no, mai. In Sardegna però, e solo in Sardegna, sapere che ho fatto o mi occupo anche di altre cose, che poi rientrano comunque nel mondo dell’arte, genera dei pregiudizi. Ecco perché è nata Sa este… In questo la televisione non aiuta, perché ti dà una grande popolarità, ma ti etichetta indissolubilmente al genere di programma che conduci. Tutto ciò che c’era prima, durante e dopo la TV la maggior parte delle persone non lo sa. Quindi qualche delusione e un po’ di fatica in più è da mettere in conto. Ahimé!

Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Vivere d’arte!

* le foto di questo servizio sono di Fiorella Sanna


by Barbara Bianchi

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