GIACOMO LARICCIA<br>SEMPRE AVANTI...<br><small>by Margot Frank</small>


Sempre Avanti è il terzo album di Giacomo Lariccia, cantautore made in Italy che un giorno ha fatto i bagagli e si è trasferito a Bruxelles. Di se stesso ama dire che è un arttista che ha lasciato l’Italia per trovare l’America in Europa. Un’altra storia di cervelli in fuga? Possibile, anzi: senz’altro. Ma quello che qui ci preme sottolineare non è la triste ineluttabile manfrina sul disastro in cui versa l’economia culturale nostrana. Sono discorsi triti e ritriti che non aiutano nessuno. Quello che qui interessa è il fantastico, salutare ottimismo, per nulla scevro di un retrogusto amarognolo, ma comunque costruttivo di Lariccia. Che ci regala un prodotto musicalmente molto ben fatto, confezionato con gusto e attenzione. Insomma, che ci offre arte in una confezione altamente professionale. Il che già ci fa sorridere e sperare in un futuro migliore. E poi parla alle nostre menti e alle nostre pance di andare Sempre avanti, di quanto Bella è la vita. Jazzista di formazione, cantautore per passione, Giacomo Lariccia ha forse scelto la strada più difficile, ma il fatto di ritrovarlo sorridente proprio sulle strade della musica e della poesia, mette di un gran buonumore. Un artista da seguire e da supportare.

Margot Frank
Ascoltando<br> La grande Bellezza<br><small>by Marco Testoni</small>


La Grande Bellezza ha violentemente diviso. Bastava dare una scorsa ai toni dei post pubblicati sui vari social network per rendersene conto. I precedenti Oscar italiani non avevano subito tanto livore perché, si dice, avevano una storia da raccontare. Nel film di Sorrentino, si dice, vi è solo una amara descrizione della nostra decadenza senza un filo narrativo comprensibile. La stessa cosa, anni orsono, si diceva di Antonioni, Pasolini e Fellini. Ma, più recentemente, non di Benigni, Tornatore e Salvatores che tramandavano invece la figura dell’italiano simpatico dotato di eroica leggerezza, una maschera da esportazione che tanto piace agli americani. E’ il consueto duello che vive la nostra anima doppia: popolare e ricercata. Se però spostiamo l’attenzione sulla colonna sonora tutto sembra più chiaro e lineare.
Perché quando un regista italiano decide di aprire un film con il Torino Vocal Ensemble che interpreta “I Lie”, un brano del compositore americano post-mimimalista David Lang, chiudendolo con una meravigliosa sequenza finale accompagnata dalle musiche del Kronos Quartet (“The Beatitudes” del russo Vladimir Martynov)  vuol dire che siamo già davanti ad una chiarissima manifestazione di precisi intenti non solo artistici. Un autentico sasso nello stagno per una cinematografia che spesso rifiuta una scrittura musicale fuori dagli stereotipi tradizionali. Soprattutto Sorrentino mostra una sensibilità e cultura musicale che non teme di essere tacciata di intellettualismo.
Ogni scelta di questa ricchissima colonna sonora, finalmente di respiro internazionale, è caratterizzata da una lucida conoscenza della materia musicale.
Un mood fatto di sospensioni e straniamento minimalista con una particolare predisposizione verso la musica corale contemporanea che porta la firma di una pletora di compositori quali Arvo Part,  Zbigniew Preisner, John Tavener, Henryk Gorecki. E anche quando bisogna descrivere le scene della Roma più vacua, edonista e festaiola le indovinatissime scelte cadono su icone dance della scena odierna come Bob Sinclair e Yolanda Be Cool che reinterpretano un paio di emblematici titoli della canzone italica di Raffaella Carrà e Renato Carosone (“Far l’amore” e “Tu vo fa l’Americano”), ma anche brani dal sapore latino più vintage come la “Que no se acabe el mambo” de La Banda Gorda o addirittura la nostalgica “Ti ruberò” di Anna Cetti, forse la canzone più sottilmente legata alle atmosfere felliniane. In questo grande caleidoscopio sonoro forse l’unico a rimetterci è Lele Marchitelli, il compositore delle musiche originali del film, al quale vengono probabilmente sottratte più scene della pellicola. La sua scrittura però sembra sempre essere in empatia con lo stile generale della colonna sonora senza mai risultare un copro estraneo in contrasto. Ho cercato di capire se tanta maestria fosse solo opera di Sorrentino o se fosse invece supportato da qualche illuminato consulente. Non sembrerebbe. Mi piace quindi pensare che tutto sia il frutto di un’attenzione amorevole nei confronti della musica per immagini che la filmografia del regista ha più volte manifestato attraverso la scelta dei suoi compositori. Faccio qualche nome: David Byrne, Theo Teardo e Pasquale Catalano.

E allora, caro Sorrentino, a nome di tanti che non solo vorrebbero vedere ma anche ascoltare un film, di tanti musicisti e musicofili, editori e music supervisor, insomma almeno a nome di gran parte del dipartimento musicale non affetto da invidia: grazie!  Il tuo Oscar te lo sei meritato tutto!

https://www.youtube.com/watch?v=jc3iVykoakg
STROMAE: CORAGGIO E ANTICONFORMISMO<br><small> by Barbara Bianchi</small>



In realtà noi l’abbiamo scoperto quest’estate. E con noi intendo la mia famiglia. Mentre prepariamo le valigie per le vacanze, fra costumi da bagno e l’immancabile crema solare, il mio compagno prepara ogni anno un’affettuosa compilation: sono le tracce che accompagnano il nostro viaggio e che rimangono poi impresse per tutto l’anno a seguire fra i ricordi della salsedine o di qualche splendido paesaggio d’arte. Parlo di Stromae e del suo Formidable. L’abbiamo ascoltato decine di volte, ci ha infervorati con la sua freschezza e franchezza, il suo ritmo ben congeniato. La percezione fortemente teatrale di un vero pugno allo stomaco. Ma per capire la vera potenza di questo brano è necessario andare a vedere il video che Stromae ha girato per le strade di Bruxelles. Un vero e proprio manifesto contro i pregiudizi, contro tutti quelli atteggiamenti che, dietro una facciata di garbo presunto, di fatto isolano e rifiutano. Fingendo di essere completamente ubriaco, Stromae vaga per le strade di Bruxelles circondato dall’imbarazzo della gente che finge di non vederlo, che lo scansa. Girato con la tecnica della candid camera, questo video riesce ad essere potente e al contempo ironico. Possiamo dirlo, la scoperta migliore di Sanremo è stato lui. Stromae, nome d’arte del belga Paul Van Haver, sa, infatti, essere colto, creativo, teatrale, emozionante, dietro le pieghe di un prodotto capace di arrivare a tutti e, quindi, di essere anche popolare. Senza rinunciare ad una giusta dose di anticonformismo. Tutti elementi che gli hanno fatto scegliere di scendere in piazza e di giare un video andando a filmare, non i volti costruiti di figuranti ben scelti, ma le facce imbarazzate di persone reali, prese per la strada. Un esperimento molto ben riuscito, anche se tutt’altro che facile.

Barbara Bianchi


ENSEMBLE NUOVE MUSICHE<br>Musica fra passato e futuro<br><small> by Margot Frank</small>



Abbiamo voluto intervistare Francesco Ottonello, uno dei leader fondatori dell'Ensemble Nuove Musiche. Un progetto artistico che fa del confronto con i grandi innovatori della storia della musica la propria cifra stilistica.
Ensemble Nuove Musiche: un nome che è un programma. ..Molto è spiegato sul vostro sito e sul materiale informativo che fate girare...Me lo vuole spiegare lei che cosa significa?
Il nome Ensemble Nuove Musiche è una specie di passepartout che ci permette di accedere a stanze diverse dello stesso edificio. L'epoca post-ideologica che stiamo vivendo è caratterizzata in ambito musicale da momenti di critica accesa, non privi talora di residui personalistici, nei confronti di quelle avanguardie storiche che nei decenni dell'immediato dopoguerra hanno profondamente ripensato il modo di fare e concepire la musica. Il rapporto fra contemporaneità e passato per molti compositori si pone oggi sotto il segno di un riflusso, cosa ben diversa dal ripensamento creativo delle varie estetiche neoclassiche, che nasce dalla reazione a quella stagione di esperienze spesso connotate da un forte orientamento politico. Riteniamo che questo non sia l’atteggiamento adeguato per superare quell'accademismo dell'anti-accademia della cui esistenza bisogna pur prendere coscienza. Crediamo, al contrario, che lo stallo creatosi fra revisionismo da un lato e dall’altro stanca adesione a canoni avanguardistici, ormai privati della loro forza dirompente, possa risiedere proprio nella possibilità di instaurare un nuovo legame, e nel caso veri e propri corto circuiti, fra la creatività di ieri e quella di oggi. Questa idea è un po’ la cometa che orienta, almeno in questa fase iniziale della sua esistenza, il cammino di Ensemble Nuove Musiche. Così il repertorio del gruppo si definisce di volta in volta in base ad una progettualità articolata che si avvale anche dell'apporto del mondo della musicologia con la quale intratteniamo fervidi legami. 
Molto della vostra filosofia artistica si ritrova anche nel progetto Verdi nostro contemporaneo che vi ha visti protagonisti di un bel tour negli States
Il progetto Verdi Nostro Contemporaneo esprime già dal titolo i connotati che lo caratterizzano. Muovendo dal repertorio delle liriche da camera per voce e pianoforte che il maestro di Busseto compose a più riprese nell'arco della sua lunga carriera ci siamo mossi nell’ottica di un proficuo dialogo con la contemporaneità. In occasione del bicentenario della nascita di Verdi dello scorso anno abbiamo così potuto iniziare a mettere concretamente in pratica quanto detto al punto precedente accettando quell'ineludibile Invito al Molteplice cui faceva riferimento Armando Gentilucci nel titolo di un suo celebre libro della fine degli anni settanta. Verdi Nostro Contemporaneo è diventato dunque un mosaico di sette pezzi nel corso dei quali i rispettivi autori si sono confrontati con un monumento del nostro passato senza nostalgie ma anche senza tradire quello spirito verdiano la cui forza è ancora bene in grado di vivificare il nostro presente. Ne è scaturito un mosaico variegato e, speriamo, anche godibile. Ci ha infatti molto confortato la ricezione da parte del pubblico che, specie negli USA, è rimasto assai favorevolmente colpito dalla commistione di usual and inusual music. 
Su quali autori state lavorando per i vostri progetti futuri e qual è la cifra di contemporaneità che vi avete cercato
Dato il felice esito di Verdi Nostro Contemporaneo è venuto spontaneo chiedersi se un simile format potesse essere replicato rispetto ad altri grandi compositori del passato più o meno recente. La risposta è stata pienamente affermativa e così nel 2015 apriremo un'altra di quelle porte cui si accennava all'inizio per dare vita a “Rossini Nostro Contemporaneo”. Si tratterà di un progetto incentrato su “Mi Lagnerò Tacendo”, una serie di composizioni su testo di Metastasio sul cui il maestro pesarese tornò a più riprese, dandone ogni volta versioni differenti. Una delle tappe più prestigiose del progetto, che ci porterà nuovamente all'estero, sarà il Rossini Opera Festival, manifestazione la cui notorietà ha ormai da anni varcato i confini nazionali.
Sempre nel 2015 faremo una tournée in Spagna esportando un altro tema che ci è molto caro ovvero la possibilità di riflettere attraverso la musica sulla dimensione del sacro in chiave contemporanea. In quella occasione presenteremo una lunga composizione di Marco Lombardi intitolata “Canciones del Alma”, un oratorio da camera per voce e ensemble su testo di San Giovanni della Croce. In questo lavoro i 40 versi del testo originale, preceduti da un prologo strumentale, generano ciascuno un universo espressivamente autonomo quasi come un Lieder Zyklus. Questa idea di forma, data dall'accostamento di unità a sé stanti che nel corso degli anni sono diventate sempre più brevi, è molto cara all’autore. Tale estetica, un giorno, potrà forse arrivare a concepire addirittura una singola nota come una sezione.

Su questo tema del sacro si incentra anche l'imminente Festival di Musica Sacra che nascerà qui a Savona nel mese di maggio di quest'anno.

Margot Frank
HEUREUX COMME AVEC UNE FEMME, Il nuovo lavoro di Roberto Bonati<br><small> by Marco Buttafuoco</small>


Nel 1989 furono Helen Merrill e Ron Carter a proporre, forse per la prima volta nella storia della musica improvvisata, a proporre l’insolito duo basso-voce femminile. Disco bellissimo, quel Duets, tagliato sulla vocalità sobria e quasi scabra della cantante di New York, capace di raccontare con aplomb, con un’eleganza apparentemente algida, un incontenibile subbuglio interiore.
A distanza di quasi venticinque anni Roberto Bonati e Diana Torto hanno ripreso quel cammino, ma con intenzioni e risultati poetici totalmente diversi. Duets, scarnificava una serie di standard jazz, ma rimaneva dentro la tradizione della musica afro-americana. I due italiani hanno invece orizzonti più larghi. Il loro lavoro è, potremmo dire, un accumulo di memorie non solo musicali. Vi si trovano infatti memorie di poesia waka giapponese,  versi di Rimbaud, le liriche dei troubadours e sequenze scat, che è pur sempre una forma di poesia stralunata, un uso assolutamente “altro” della parola. Cosi come lo sono le voci alterate dall’elettronica che aleggiano sulla nona traccia o sulla Donna dei boschi della quinta traccia (basata su versi del contrabbassista). 
“Heureux comme avec une femme “ non è solo infatti un lavoro sulla sottrazione armonica e timbrica. E’anche una ricerca sul rapporto fra suono e parola, sulla capacità di evocazione che hanno entrambi. Musica e poesia hanno un loro confine sfumato, “sospeso come un falco incerto”, lungo il quale si muovono
 il contrabbasso, voce della terra e delle profondità ed il canto della donna, suono di etere e musica di luna.  Da questa raffinata e  dialettica scaturiscono storie notturne, danze, sogni di canti dispersi, presagi di tempesta, echi di parole mai dette, antichi sortilegi. Un lungo percorso di canti ed  incanti. In altre parole quello che avvince  tredici tracce non è e la rielaborazione di materiali poetici e musicali, ma la continua ricerca dell’indicibile.

La stessa copertina suggerisce, nel suo formato insolito, l’accumulo di cui si diceva prima: otto ante intrise  di suggestive tonalità di grigio che riportano oltre alle foto dei due musicisti ed i testi poetici da loro utilizzati, graffiti di scrittura giapponese, due gioielli fotografici di Pietro Bandini, testi waka e la citazione  di uno scritto di Kandinsij. Per una volta la copertina non è un accessorio utile alla comprensione di un progetto artistico ma ne è parte integrante di esso.

Marco Buttafuoco

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