Asciutto, intenso, devastante. Questo è Cronaca di una passione, il nuovo film di Fabrizio Cattani che, dopo aver scoperchiato il dramma dell’infanticidio dal punto di vista altro della follia di chi quel crimine ha commesso, questa volta guarda da vicino la tragedia di chi non riesce a reggere alla violenza della crisi economica e si suicida. O meglio, scandaglia il dramma di chi viene schiacciato da un ingranaggio mortale che sembra non lasciargli scampo. E lo osserva senza fronzoli, senza patine sentimentalistiche. Così, nella sua devastante violenza.
Giovanni ed Anna sono due anziani coniugi: due persone che hanno lavorato tutta la vita senza sosta per portare avanti la loro piccola attività. Una trattoria: signorile senza mai essere di lusso, dove i clienti tornano perché Anna cucina tanto bene. Ma la crisi economica non guarda in faccia a nessuno. E, nei momenti più bui, Anna ha preferito pagare gli stipendi dei suoi pochissimi collaboratori piuttosto che i contributi o, peggio, piuttosto che licenziare persone che, prima che stipendiati, sono oramai diventati amici, parte della famiglia. Sì, perché questo è il senso di un’impresa familiare: che si è tutti, in fondo una grande famiglia. In cui uno solo però è responsabile di fronte al Fisco. E sono spesso le imprese familiari le prime a soccombere di fronte alla cieca mannaia della crisi economica. Il prosieguo della storia è semplice quanto allucinante: lo Stato pretende il pagamento dei contributi non versati, Equitalia ci mette sopra un carico insostenibile e ad Anna e Giovanni viene in quattro e quattr’otto pignorata e messa all’asta la casa. Che va in fumo così, per poche migliaia di euro. Senza lavoro, senza casa, Anna e Giovanni si ritrovano in una casa famiglia, ognuno in una stanza. Perché quando perdi tutto perdi la possibilità anche di vivere da marito e moglie. E così, gli ultimi soldi in tasca, si concedono un piccolo grande viaggio, in un bell’albergo dove possono finalmente tornare a dormire assieme. Ed è l’ultimo viaggio.
Fabrizio Cattani disegna più che dipingere questa storia: pochi tratti semplici e diretti. Un film che si avvale di due grandi interpreti, Vittorio Viviani e Valeria Ciangottini, che sanno percorrere con autenticità i passi di questa vicenda raccontata senza una parola di troppo e che lascia senza parole.
Da vedere…


Barbara Bianchi

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