Il Ministero dei Beni Culturali ha rimosso il bando “Notti al Museo 2014” che avrebbe permesso a tutti i musicisti di suonare “gratuitamente” nei musei italiani.
Grazie al nostro Ministro della Cultura Franceschini finalmente è stata istituzionalizzata quell’evidenza che tutti già conoscevano ma che nessuno osava pubblicamente affermare: fare il musicista non è una professione. Punto.
Semmai può essere un divertente e costoso passatempo come ad esempio il turismo. Chi ama viaggiare infatti non troverebbe nulla di male se gli si proponesse di alloggiare a proprie spese nella Reggia di Caserta o dentro la Pinacoteca di Brera.
Molto diverso però sarebbe chiedere ad un elettricista di realizzare gratuitamente degli impianti a norma, seppure in location di prestigio, sostenendo anche le spese dei materiali, assicurative, previdenziali etc... Chiunque proponesse una simile idea si coprirebbe di ridicolo.
Ma se si parla di musica tutto è possibile. Perché? Perché anche il Ministero, che eppure dovrebbe tutelare non solo il patrimonio artistico ma anche gli artisti che operano in questo settore, sdogana un concetto così vergognoso? Ci sarebbe una sollevazione popolare se il Ministero dell’Agricoltura istituisse un bando del genere rivolto a braccianti invitati a lavorare gratuitamente presso i terreni demaniali dello stato (in realtà sembra che lo abbia fatto ma cedendo o affittando in cambio gli stessi terreni).
La risposta è sempre la stessa: fare il musicista non è una professione. Punto.
E da dove deriva questa credenza ormai diffusa? Dalla semplice constatazione che il lavoro è produzione di qualcosa di indispensabile. E purtroppo l’arte e più in generale la cultura non è considerata oggi né un valore né una necessità primaria. E’ solo un orpello che ci tocca anche salvaguardare.
Maledetto peso della storia e maledetto patrimonio artistico!
D’altronde far scivolare gli artisti verso l’attività amatoriale anziché professionale non è che l’ultimo atto di una sistematica demolizione della libera creatività e del ruolo attivo e produttivo che questa dovrebbe avere in una società civile e avanzata.
Tutto il comparto lavorativo artistico (musica, cinema, teatro…) ha subito negli anni, e nel silenzio più assordante, sconquassi e razzìe che pochi altri settori hanno subito: pesanti tagli alla cultura, crollo dell’industria di riferimento e relativi posti di lavoro, pirateria, crisi del disco, chiusura di orchestre, teatri, cinema, club e circuiti vari. Tutto sacrificato sull’altare della tv prima, dell’home-entertainment dopo e ora del digitale.  Per non parlare delle piattaforme che lasciano agli artisti solo le briciole dei ricavi dei download.
Cifre e numeri impressionanti evidentemente utili solo per le statistiche. In questo senso basterebbe leggere le dichiarazioni di Jaron Lanier (scienziato ed ingegnere informatico, uno dei guru che ha inventato il web) che inserisce nella lista di mestieri in pericolo d’estinzione categorie quali: musicisti, fotografi, giornalisti e traduttori.
Sono sempre più convinto che la nostra sia soprattutto una crisi etica e morale e che se un giorno questo paese si rialzerà lo potrà fare anche combattendo la mediocrità che deriva dalla totale assenza di una politica culturale. Non certamente con iniziative sciatte e insulse che offendono la dignità del lavoro. Nel dopoguerra l’analfabetismo e l’ignoranza era considerata una piaga da debellare, oggi sembra solo il minore dei mali.  Forse allora la vera domanda è: a chi giova mettere la cultura all’ultimo gradino della scala dei valori?
Buona musica a tutti!


Vedi anche:


http://ocastamusica.wordpress.com/2012/10/31/il-mestiere-del-musicista-in-italia/


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