Intervista con Luca Miniero: quattro chiacchere fra cinema popolare e critica provinciale…

Continuando il mio viaggio nella paradossale inquietudine che sembra serpeggiare nel nostro cinema dopo la vittoria dell’Oscar di Sorrentino mi sono imbattuto in un post del regista Luca Miniero (Un Boss in Salotto, Benvenuti al Sud, Benvenuti al Nord) dove mestamente, ma con grande lucidità, descrive la nostra critica cinematografica incapace di guardare al cinema italiano senza quel senso di sufficienza che spesso la caratterizza. Avendo avuto la fortuna di lavorare con lui e conoscendo il suo spirito acuto e diretto mi è venuto spontaneo fargli qualche domanda per approfondire il suo commento.

Quando parli di sufficienza e provincialismo della critica nei confronti del nostro cinema, ti sei fatto un'idea di quale siano le ragioni di tale atteggiamento?

Credo che negli ultimi anni nel mondo del cinema siano cambiate molte cose. La critica, per esempio, ha perso il valore di megafono delle virtù o dei difetti di un film. Sempre di più con i social network un film è analizzato a tutto tondo e da tutti. Questo ha provocato sia un impoverimento del giudizio in termini di comprensione culturale del fenomeno cinema, ma anche un ritardo dell'analisi, molto più capace di guardare al cinema d'autore classico e molto meno a quello commerciale subito liquidato come minore.

Perché in Italia ci si indigna indifferentemente sia del successo di Zalone che di quello di Sorrentino?

Zalone è un fenomeno del nostro cinema ed è l'esempio più lampante di quello che sostenevo. Personalmente penso sia molto strano che un personaggio così non abbia ottenuto mai alcuna, o quasi, candidatura ai premi. Un po' come accadeva per il Fantozzi di Villaggio che come Zalone ha raccontato molto bene i profili umani del suo tempo. Con Sorrentino poi abbiamo raggiunto il colmo liquidando La Grande Bellezza come un film per “americani”. Ora, francamente, io non credo che i giurati dell'Oscar siano gli “americani” ma persone con due palle così che capirebbero molto bene se fossero davanti a un film inutile e fatto solo per ingannarli. Detto questo Sorrentino e il suo film possono anche non piacere, ma da qui a lapidarli ce ne passa.

Attualmente pensi che il cinema popolare si possa coniugare anche con l'innovazione e/o la ricerca?

Il cinema popolare deve coniugarsi con la società. Il cinema popolare non può innovare troppo pena il non essere più popolare. Però è chiaro che non può proporre situazioni comiche trite e ritrite e dunque deve essere aggiornato al gusto comico e seguirlo. Poi a mio avviso deve essere ben recitato, ben girato, con belle luci e una bella musica. Non è che perché è popolare va fatto male e con attori fermi. Non è che la gente non ha gli occhi. Questo è il pensiero di certi produttori e credo sia alla base del ritardo del nostro cinema commerciale rispetto a quello di altri paesi.

Quest'anno nonostante tutto sono stati prodotti in Italia circa 150 film. Alcuni si sono difesi molto bene al botteghino ma la maggior parte sono stati distribuiti e promossi con grande difficoltà. Come trovi lo stato di salute del cinema italiano?


ll nostro cinema popolare e commerciale propone incassi e storie sia divertenti che d'autore. Anche nomi nuovi. Sta bene, ha pure vinto l'Oscar. Il nostro “sistema cinema” invece fatica. Soprattutto dietro ai grandi film, molti altri più piccoli non ce la fanno ad arrivare in sala. C'è affollamento, la promozione è banale e sempre uguale, la gente non viene spinta ad andare al cinema. Poi vedi pirateria, pigrizia, ecc… non si può dire che non ci sia da migliorare. Però le altre industrie di questo paese spesso stanno peggio. Si può fare di più, magari costruire cinema migliori in centro, si può fare davvero di più. Però la gente a vedere il nostro cinema ci va e lo preferisce a quello di altri paesi. Guardate le quote. Qualche bel film c'è. Dobbiamo e possiamo fare di più, per esempio migliorare il sistema e andare all'estero con le nostre pellicole. Ma non sputerei su tutto e guardando fra le pieghe ci sono ottimi segnali. Manca un vero dibattito libero e creativo fra gli addetti ai lavori per capire dove migliorare e cosa proporre alla politica. Mancano insomma gli Stati Generali del Cinema Italiano.

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