Sahara, Nilo, Etiopia, Islam, Gange, Tibet e Ande: questi i paesaggi che Kazuyoshi Nomaci indaga con il suo sguardo pieno di colori e sfolgorate di luci ed ombre. Una bella, bellissima mostra fotografica dedicata a questo artista della fotografia che, lungo il percorso di oltre 200 scatti, ricostruiscono il suo viaggio fra i popoli sotto l’angolo visuale di un tema molto forte ed impegnativo, “Le vie del sacro”. L’idea suggerita dai curatori e da Nomachi stesso è quella che il suo sia in realtà un percorso lungo la sacralità dell'esistenza quotidiana, un'esperienza vissuta dall'artista in terre tra loro lontanissime accumunate da quella spiritualità che dà un senso alle condizioni di vita più dure. Una lettura effettivamente calzante da più di un punto di vista. Che lascia perplessi solo per la forte discrepanza di soggetti fra la prima e la seconda parte. Mentre in Etiopia, Islam, Gange, Tibet e Ande Nomachi ha incontrato pellegrini, sacerdoti, uomini e donne impegnati nella ricerca di un mondo “altro”; mentre, quindi, per questa sezione parlare di “vie del sacro” potrebbe addirittura sembra didascalico; nella prima parte, quella delle immagini di Nilo e Sahara, i paesaggi, i costumi descrivono di uomini e di donne e della loro vita, una vita che certamente racconta anche un percorso sotteso verso il sacro, ma solo incidentalmente.
Sorprende poi un altro fatto: Nomachi ha incontrato popoli e religioni, ne ha indagato usi e sfaccettature. Ha descritto praticamente tutte le religioni, i più svariati percorsi di ricerca del sacro. Con alcune rumorose assenze: la religione ebraica e le numerose, spesso coloratissime, confessioni protestanti. Forse, chissà, saranno uno dei suoi prossimi viaggi.


Da segnalare lo splendido, creativo, sorprendente allestimento progettato da Peter Bottazzi tutto giocato su aste di legno tessute a trama di un viaggio per lo sguardo.

Roma, La Pelanda, fino al 4 maggio 2014 (http://www.mostranomachi.it/)

Barbara Bianchi

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