Una Silicon Valley made in Italy
La Renaissance carismatica
di un ragazzo di diciotto anni può rappresentare un’intera generazione.
E il film di Alessandro D’Alatri,
The startup – in sala dal 6 aprile - mette
in scena una generazione “Z” che non ha nulla a che fare con lo stantio pianto
greco dell’italiano standard.
La disillusione dei giovani
sembrerebbe solo percepita, stando alla storia raccontata e alla cifra
registica di cui D’Alatri si serve per sedurci.
Ogni giovane è una startup per definizione, “un uomo nella
sua fase di avviamento“, e la pellicola, che individua la sua matrice in una
storia vera, sia pur romanzata con i linguaggi peculiari del cinema, accende la
speranza nello spettatore.
Matteo Achilli è un ragazzo
normale, pieno di voglia di fare, animato dal desiderio di andare fattivamente
incontro a quel che vuole davvero, con l’intento preciso di raggiungerlo. E ci
riesce in pieno.
Eppure la forza di una buona idea
– non serve essere geniali. Un lampo di genio può succedere a tutti! – prende
forma grazie alla tenacia, all’incoscienza ma anche all’esperienza. Giuseppe,
l’ingegnere sottopagato in corsa per una seconda laurea, si nutre della freschezza
e dell’ottimismo di Matteo, offrendo lui, a sua volta, il valore altrettanto indispensabile
dell’esperienza e dell’alta formazione. È per mano sua che l’idea di qualcun
altro prende concretamente forma e diventa vincente.
Il sacrificio, la lotta e la
sopportazione per perseguire degli ideali, senza servirsi di scorciatoie, sono
custoditi nel personaggio di Emma, la fidanzata di Matteo. Lei lo mette di
fronte a uno specchio, quando l’arroganza gli prende la mano, sostituendosi
alla bonaria spavalderia di un giovanissimo. Pur tenace e studiosa ballerina,
non diventa una étoile ma trova il senso del sacrificio nel sacrificio stesso:
non importa dove conduca ma conta la strada percorsa, per dirti chi sei e per
riempire di senso un’esistenza, secondo una ricerca/crescita in continua evoluzione.
L’adrenalina della corsa
inarrestabile di un ventenne incosciente arriva allo spettatore a chiare
lettere e D’Alatri ce la propone, mostrandoci anche la cura di questa incoscienza.
È dopo l’ennesima ingiustizia che la mente di Matteo si mette in moto per
produrre un’idea. Ma è con l’esperienza di Giuseppe che costruisce il suo
programma e risolve l’imprevisto crash. È con lo spirito di sacrificio di Emma
che guarda al futuro con le spalle più forti. È a casa, in famiglia, che trova
la forza per ripartire e superare con successo il rito d’iniziazione alla vita,
facendo risalire la sua idea stimata oggi milioni di euro: Egomnia
La testimonianza di una startup
di questo tipo sfida i luoghi comuni. Superando la semplice informazione per farsi
materia cinematografica, il tema del film ci restituisce in pieno il binomio
realtà=sogno, piuttosto che il suo contrario, proprio come è accaduto al
giovane Achilli.
La pellicola si percepisce come
una ventata di freschezza, nell’approccio. Anche le musiche accompagnano e
connotano le sequenze con giustezza, malgrado un finale un po’ tirato via,
senza una posizione da parte dell’autore. Molto azzeccato, comunque, il
rovescio della medaglia offerto dall’amarezza del giovane laureato - senza
futuro in un Paese che da tempo ha dimenticato le sue risorse umane più
qualificate - riscattato finalmente da un’idea nuova, altrui, ma realizzabile
solo grazie a lui.
Questo mondo delle idee non più
fisso e imperscrutabile, come sosteneva Platone, si fa moderno e interessante, se
esse circolano in libertà. È una reazione a catena al passo coi tempi, che
proprio grazie al contatto accende menti e futuro di chi è giovane - o mantiene
uno spirito giovane – e rigetta la parola “arrendersi” né si rifugia in un’inutile
lamentela, malgrado il pessimismo percepito e testimoniato dai più.
by Margherita Lamesta
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