“È un disco che ha a che fare con il Tempo:
quello molto lontano di una bambina francese di cui rimane poco più che il
nome; il sabato pomeriggio di un posto dove le cose sembrano non cambiare
mai; quello dell’istante che si vorrebbe trattenere e che invece scivola via
inesorabile; quello che sembra ritornare in un ciclo infinito di creazione,
distruzione, trasformazione."
Con queste
parole il cantautore torinese Massimo Lajolo introduce il suo terzo lavoro in
studio. Un lavoro in cui, con un understatement e un garbo tutti piemontesi, la
geografia dei luoghi disegna anche una geografia dell'anima, fatta di intimità
segrete, malinconie sottili, sentimenti disarmati, stanze in penombra, reminiscenze
d'Oltralpe.
"Cinque
minuti" apre con una terzina di pianoforte che rimanda a "La donna
cannone", quasi a voler definire fin da subito un territorio,
un'ambientazione, un'appartenenza. Eppure il linguaggio di Lajolo ha la
sua cifra non tanto nella poetica serrata e tagliente cara a De Gregori quanto
negli spazi dilatati, negli appoggi leggeri, nella parola sussurrata, e il
brano si svolge in un tono dimesso, quasi prosaico nella sua esposizione
glabra: è una lenta preparazione a qualcosa che pare non arrivare mai, un
piano-sequenza cinematografico senza effetti su una scena di poco conto. Quasi
una falsa partenza.
Ma già con
"Tutto quanto ritorna" la musica cambia e si entra nel vivo del
disco. Le parole si fanno improvvisamente incisive, il ritmo teso, e gli
innesti vocali arabeggianti di Khalid Zarou portano il brano in uno straniante
altrove. "Il ritmo lento del sabato", con la sua andatura indolente,
ha il tepore di un raggio di sole nel primo mattino e colora a tinte tenui una
scena impressionista in cui si inizia respirare profumo di Francia. "Leggere
il pensiero" è una rock ballad serrata in cui l'elettrica nervosa tradisce
l'influenza del Neil Young di "Everybody knows this is nowhere". "Beatrix"
torna a respirare di attese, di fragili certezze e di tempo a venire e si
dischiude in un delicato ritornello in francese. "Noioso blu"
appoggia la sua cantabilità su nostalgie in minore, preparando il terreno alla
deliziosa "Chanzen", una ballata interamente in francese scandita
dall'andamento cullante di un banjo in odore di modernariato. "L'anello la
sirena" è onirica e sospesa e nuota in un riverbero di chitarre, ricordi e
sogni. Insieme alla title track, uno degli episodi musicalmente più ricercati
dell'album. L'interlocutoria "Milano da vivere", con il suo
linguaggio ordinario e le sue immagini in scala di grigio, arriva come un
brusco ritorno al quotidiano e, pur essendo un episodio minore, ha una sua
funzionalità nell’equilibrio d’insieme. "Fermare il tempo" torna al
tema centrale del disco giocando con nostalgie sudamericane, mentre la melodia
retrò della già nota "Non so resistere", interpretata da Laura
Giandomenico, prepara alla chiusura intima de "La differenza", dove
Lajolo, accompagnandosi con la sola chitarra, si congeda in tono confessionale.
"Tutto
quanto ritorna" è un disco che si propone all'ascolto chiedendo
"permesso" e che saprà tenere una buona compagnia nelle fredde sere
d'inverno a chi sappia attenderlo e accoglierlo.
Massimo Lajolo
& Onde Medie - Tutto quanto ritorna (Maremosso, 2016)
Alberto Molinari
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