I poeti sono preveggenti? Sentono più o meglio dei sociologi,
dei giornalisti (lasciamo stare i politici, si cadrebbe nel banale) lo spirito
dei tempi? Difficile da dire in poche righe. Sta di fatto che nella canzone
iniziale di questo bel disco Stelio Gicca Palli coglie, nell’assolata scena
estiva di una meravigliosa Piazza di Spagna l’odore di una decadenza, un peso
opprimente e indefinito. “Aspetteremo l’autunno per aver novità".
L’autunno ha portato nella capitale triste le novità che sappiamo: i segni forse
irreversibili di decadenza. Eppure Piazza
di Spagna alle quattro è stata
scritta ben prima che le inchieste scoperchiassero la marcia malinconia della
vita pubblica romana Certo, l’autore non si riferisce a quello che le cronache
hanno poi rivelato; ma nei suoi versi si avverte semplicemente un senso di
stanchezza e d’inutilità che la bellezza di una giornata maschera a fatica. Roma
pare una discarica. “Borghesi coatti, guardiani distratti non lascian che
spoglie / Che dopo un gabbiano già sazio per via lascerà”
Stelio Gicca Palli è tornato in sala d’incisione e nel mondo
della musica dopo alcuni decenni proficuamente dedicati alla professione
forense Aveva scritto, nel 1970, quel Te
la ricordi Lella, che fu portato al successo da Edoardo De Angelis ed è
tuttora un oggetto di culto nella storia della canzone d’autore italiana.a metà
degli anni ‘70 Parlava di femminicidio, con piglio pasoliniano (come scrissero
giustamente i giornali dell’epoca), raccontando le confessioni di un balordo
che uccide l’amante. La realtà ha superato oggi l’immaginazione poetica
dell’autore, che, però, giustamente riproposto la canzone, in questo suo cd
Tutti buoni gli altri pezzi, tutti sopra la media. Tutti
intrisi di un sottile disincanto generazionale, di un ironico ma accorato
riflettere sulle vicende della vita, sui compromessi, sui sogni finiti. Senza
cedimenti alla retorica stucchevole. dei tempi che furono. Stelio Gicca Palli, racconta
la presa d’atto della realtà di chi ha coltivato grandi ideali i pubblici e sogni
privati e oggi fa i conti con gli anni che passano, con gli orizzonti sempre
più ristretti della quotidianità, con la miseria e con la fragilità della
condizione umana. ”Cara, dillo ai tuoi figli…Che sono cicorie/Non sono mai
gigli/ Che crescono ai bordi/ Delle strade del vasto mondo”
Lo fa senza rancori e senza querimonie, con un distacco che il
sottile accento romanesco rende ancora più accentuato. E' un'amarezza sobria
quella dell’ex avvocato, espressa con una poesia sorvegliata, scabra, mai
aulica e mai banale
Un bel disco, ricco di personalità, curatissimo negli
arrangiamenti, tessuto di melodie interessanti e piacevoli