Sanremo's
Karma
by Giorgio Pezzana
La vittoria di Francesco Gabbani alla 67a edizione del
Festival di Sanremo, è la vittoria che nessuno si aspettava. Il classico
outsider ma, a ben guardare, neppure quello, perchè nei pronostici, al di là di
una Fiorella Mannoia superfavorita, forse troppo, si erano intrecciati un po'
di nomi, da Paola Turci a Ermal Meta, da Fabrizio Moro ad Al Bano, ma mai era
affiorato il nome di Gabbani. Eppure, con il senno di poi, gli ingredienti per
la vittoria c'erano tutti: la canzone coinvolgente, tanto che piacerà anche ai
bambini ed un tema simpaticamente accattivante com'è l'approccio del mondo
occidentale alle filosofie orientali; l'interprete assolutamente a suo agio sul
palcoscenico con accanto un ballerino-gorilla ad assecondarlo ed anche la
grande orchestra del festival complice della sua performance. E poi vi sono
altri aspetti positivi. Il fatto che Gabbani non è approdato a Sanremo via
“talent” ma vi è giunto quale vincitore dell'edizione dello scorso anno, nella
categoria “nuove proposte” ed anche che, comunque, trattasi di artista che ha
alle spalle una solida gavetta, sia come interprete sia come autore. E ad
attribuire la vittoria a Gabbani, pare sia stata proprio la “gggente”, si
insomma, il televoto più che l'espressione delle altre giuria (quella in sala e
quella demoscopica). Quella “gggente” che pare aver voglia di divertirsi un
po', schiacciata com'è ogni giorno dalle ansie per una crisi della quale non si
scorge l'uscita e un teatrino della politica che non è mai stato così
desolatamente privo di autentici primi attori. E di “gggente” positiva a questo
festival ne abbiamo vista parecchia: da coloro che operano nelle zone
terremotate alle novantaduenne ostetrica che ha fatto nascere oltre 7.600
bambini, dalla nonnina di 105 anni in platea che ha cantato divertita “Quel
mazzolin di fiori”, ai bambini sudamericani che formano un'intera orchestra
costruendo dai rifiuti i loro strumenti, per approdare ai Ladri di Carozzelle,
ragazzi portatori di handicap che formano una band piena di vita e di energia.
Quella è la “gggente” di tutti giorni, che nel Festival di Sanremo vede una
festa alla quale partecipare con gioia. Carlo Conti, direttore artistico per
l'ultima volta (per il 2018 si parla di Bonolis) ha avuto almeno due enormi
meriti che gli devono essere riconosciuti e che rimarranno nella storia della
manifestazione sanremese: ha tenuto la politica fuori dall'uscio (tranne forse quel breve intervento del Ministro della difesa che più che politico in realtà è Istituzionale), sia nella
scelta dei brani in gara, sia in quella degli ospiti; ha fatto cantare in
apertura di serate i giovani della categoria “nuove proposte” offrendo loro una
platea smisurata. Scelte coraggiose, che fanno la differenza. E la “gggente” lo
ha premiato con ascolti da record. Nell'ultima serata lo share ha sfondato
quota 58% per cento perchè questo vuole il pubblico da un festival come
Sanremo: il divertimento, la commozione, la discrezione, la gioia di sentirsi
partecipe, il ritrovarsi in situazioni che riflettono la quotidianità. E' stato
un buon festival e pazienza se la qualità delle canzoni in gara non è stata
entusiasmante. Ci hanno pensato Tiziano Ferro, Giorgia, Zucchero ed una
meravigliosa Rita Pavone a risollevare il livello qualitativo dimostrando che i
big, quelli veri, non c'è bisogno di andare a cercarli all'estero. Ed anche
questo è un merito che va attribuito a Conti.
by Giorgio Pezzana